Ok, lo ammetto: vado matto per il telefilm E.R. – Medici In Prima Linea. Contenti?
Dopo questa piccola confessione, ve ne devo fare un’altra, più intima: spesso, la sera, continuo a rivedermi gli episodi che mi sono piaciuti. Tutte le stagioni. Dal primo all’ultimo episodio.
Poi mentre guardo spizzico quello che c’è scritto su Wikipedia, che a volte è anche meglio che star lì attenti a gustarsi la puntata. La biografia dei personaggi, i particolari che ti sono sfuggiti mentre seguivi il dialogo, o anche le longevità.
C’è un diagramma riportato sulla pagina dedicata ai personaggi che mi intriga tantissimo. Ogni volta che l’occhio mi cade su questa scacchiera, seguo con l’occhio l’estensione della partecipazione di quel personaggio o di quell’altro.
C’è una specie di magia nel conoscere quando un personaggio è entrato o entrerà in scena e quando se ne andrà, e finirà di calpestare il pavimento del pronto soccorso. Perché non c’è più da quella stagione in poi? Cosa gli accade?
Forse non è magia, forse è la sensazione che deve provare una divinità onniscente, per la quale il tempo non è una progressione di attimi ma una distesa di caselle statica e atemporale: una vicina all’altra, tutte là, davanti a lei. Questa divinità la osserva poi sceglie lei quale puntata… ops… quale giorno vedere.
Va avanti, torna indietro.
Allora cova, questa divinità, un pensiero che è un pensiero fermo, privo di temporalità: “Quando ho creato questo spettacolo ho tirato su un sacco di scenografie”. Come scenografie? Eh, certo, mica penserete che un demiurgo si disturbi a costruire un intero universo per la vita di alcuni mortali! Giusto?
Ed eccolo là, un sito che raccoglie tutte le location di questa serie tv. Divise per stagione, divise per città, divise per puntate. C’è tutta la storia dei luoghi. Ci sono le coordinate, gli indirizzi.
Un lavoro impressionante.
Per esempio, non lo sapevo, ma l’esterno del pronto soccorso è effettivamente finto. Falso. Fasullo. E’ costruito all’interno degli studios della Warner Bros. Così, quando vedi arrivare le ambulanze a tutta velocità o magari scendono le barelle, ecco, devi sapere che è tutto finto. Lo sapevi già? Bene, allora devi capire che è tutto ancora più finto di come lo sia già.
Eppure, la sofferenza che permea questa serie non sembra finta. Sarà perché mi piace come recitano gli attori, sarà perché la vedo un po’ catartica (della serie: per fortuna che è capitato a loro!) però, davvero, ti sembra di entrare nelle vite e nelle storie dei protagonisti.
Non tutte le stagioni sono uguali, in questo.
La prima è senza dubbio quella che ti mette subito dentro alla serie, che da l’adrenalina (per forza: le sceneggiature sono di Michael Crichton!). Poi c’è la seconda, una specie di soap opera medica. Con la terza si ricomincia a camminare, in un crescendo di puntate sempre meglio riuscite. Si arriva così di corsa alla sesta stagione e anche qui troviamo un punto di svolta: gli attori, forse un po’ stufi del solito tran tran, decidono di cambiare registro. La serie torna a farsi introspettiva e, in pratica, assistiamo all’addio di molti dei protagonisti.
Un addio che si prolunga per due stagioni!
Ora sto vedendo la nona stagione. Alti e bassi. I personaggi che sono andati via erano i punti fermi, le fondamenta di questo telefilm. Ora non ci sono più, per cui questa enorme nave che solca i mari dell’intrattenimento medico viene sballottata dalle onde degli avvenimenti.
Nessuno dirige davvero.
Le cose finiscono per accadere invece che per succedere.
Chissà.
Forse la decima stagione mi riserverà qualche sorpresa.
Goditi anche tu la prima stagione!
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