Se avete problemi di sonno, vi conviene andare su RAI 4: la notte fanno sempre qualche horror interessante. Nel mio caso mi sono imbattuto in The Mist, la famosa trasposizione di un romanzo di Stephen King, e sono stato contento. Perché il regista ha voluto inserire un elemento sociologico: di cosa sono capaci le persone se costrette da circostanze straordinarie?
Intanto c’è una regola che tengo sempre ben presente, quando guardo un film del Re dell’horror: se l’ha girato di persona, o ha partecipato di persona alla scrittura della sceneggiatura, cambio immediatamente canale. Non è un pregiudizio: è proprio che Stephen King rende di più quando scrive che quando dirige. Sarà perché scrivere un libro è diverso dal girare un film, sarà perché l’immaginazione crea più paure del mostro che si vede, insomma un motivo ci sarà se King non ha mai vinto un premio Oscar.
Tornando alla nebbia horror, per fortuna qui sua maestà ha messo solo un racconto. Uno dei pochi che non mi ricordo di aver letto, ma ho letto che la trasposizione è piuttosto fedele… anche se il finale non mi sembra in linea con King…
Dicevamo sulle circostanze straordinarie. Allora, c’è un messaggio neanche tanto nascosto in questo film: cosa succede alla nostra umanità, quando siamo messi di fronte a paure ancestrali? Cosa accade alla nostra civiltà e alla nostra umanità? Come dice uno dei protagonisti del film, non appena vengono meno i supporti a cui siamo abituati, ecco entrare superstizione e comportamenti irrazionali.
Arriva l’integralista religiosa, che sostiene di avere la risposta del perché si trovano in quella situazione, e dietro tutte le persone, una dopo l’altra. Altro che i dieci comandamenti di Benigni! I sacrifici umani diventano una cosa scontata e necessaria per placare l’ira di dio (sia fatta la sua volontà). Arrivano i tratti del survival horror, con un gruppo di persone che vengono pian piano decimate da qualcosa che si trova nella nebbia. Arriva la spiegazione pseudoscientifica, che però non serve a niente (né a noi né a loro). Arriva il finale.
Durante il film si vede un antagonismo netto tra persone buone (cioè razionali ed equilibrate, libere individualmente) contrapposte a persone cattive (ignoranti e fanatiche, che formano una vera e propria “setta”). L’ironia è che i mostri non fanno distinzioni, e quindi il dilemma di chi sopravviverà, se la minoranza razionale o la maggioranza fanatica, rimane per tutto il film. Nelle situazioni di pericolo, insomma, l’uomo dà il peggio di sé.
Non so per voi, ma per me i mostri più terribili sono quelli che albergano nei fanatici.