Ah, che bella sorpresa quando non sai cosa vedere e, finalmente, sulla RAI mandano una pellicola che volevi rivedere da tempo. Sto parlando di Terminator, ovviamente dell’originale del 1984 e non dei (alcuni lodevoli) sequel. Sto parlando del bare metal robot e di viaggi nel tempo, due cose che mi affascinano da morire… come alcuni particolari di questo film.
Potete pensare che vi risparmi la trama? Giammai! Nel 1984 (sigh!) Mister Olympia… cioè, no, un androide proveniente dal 2029 (stra-sigh!) fa il suo arrivo a Los Angeles attraverso un viaggio temporale, con lo scopo di far fuori una certa Sarah Connor. Perché? Perché nel futuro darà alla luce colui che sconfiggerà i robot.
Per proteggerla viene mandato un pischelletto, Kyle Reese.
Il resto sono inseguimenti, fughe, sparatorie, e inquadrature dove l’espressività di Schwarzenegger fa a gara con i fermo immagine di un lettore DVD economico. Se vi va di contarle, Arnold Schwarzenegger recita solo diciassette (17) battute. Quelle ironiche comprese!
Ora, ammesso e non concesso che vi piaccia questo tipo di film (a me piacciono) è anche quello che ha più beghe discroniche. Infatti, il film inizia giovedì 12 maggio 1984 (peccato che quel giorno fosse sabato!), la protagonista timbra il cartellino due giorni dopo, il 14 maggio. Che, magicamente, diventa venerdì. Inoltre il Terminator arriva il 12 maggio ma fa fuori la prima delle sue vittime il 14. Cioè, avete presente quante ore passano? Cos’è, si era messo in “stand by” per recuperare? O forse il giorno 13 è stato soppresso per questioni scaramantiche? Chissà!
Comunque, il paradosso temporale in questo film è di quelli a ciclo completo (no, non è una lavatrice!) e, quindi, è inverosimile.
Per capirci, nei viaggi del tempo esistono due tipi di paradossi. Il paradosso a ciclo incompleto e il paradosso a ciclo completo. Un paradosso a ciclo incompleto è quello in cui si torna indietro nel tempo, si cambia qualche particolare, e nel futuro si trovano delle modifiche anche notevoli. E’ possibile che il paradosso possa modificare le condizioni in cui si è iniziato il viaggio — però non può impedirlo, solo rimandarlo, e non c’è legame diretto tra passato e futuro, se non quello del normale trascorrere del tempo.
Al contrario, quando gli effetti si propagano attraverso il viaggio nel tempo allora si crea un paradosso a ciclo completo.
In questo caso, il fatto che il soldato mandato indietro sarà il padre dell’eroe rende, in pratica, il viaggio nel tempo obbligato: e se il robot avesse avuto successo, il viaggio nel passato non ci sarebbe stato… da cui il ciclo completo!
Per fare un confronto, in Ritorno al Futuro il protagonista rischiava di sparire, e quindi sentiva la necessità (è un eufemismo…) di riuscire sistemare i casini prima di tornare indietro nel tempo.
Insomma, qui la cosa è un pochino più approssimata.
Ma passiamo alla tecnologia, detta anche l’angolino del nerd. La visuale del robot è un mix tra presa diretta e listati assembly del processore 6502, un processore a 8 bit all’epoca molto diffuso nei computer da casa. In altri termini, hanno “riciclato” qualcosa di incomprensibile per dare l’impressione che il robot si muovesse seguendo un programma.
A parte il piccolo particolare che quei processori avevano una potenza di calcolo ridicola, altro che riconoscere le sagome in tempo reale o comprendere il linguaggio parlato!, siamo comunque nei canoni del fantasy.
All’epoca, infatti, già esistevano studi chiari su come avrebbero dovuto funzionare i computer che avessero voluto simulare un cervello umano. Evidentemente, non c’era tempo di imbastire la simulazione di una rete neurale! (ho anche scoperto che nella versione italiana per il cinema le schermate erano scritte in Italiano ma da qualche parte ce le siamo perse…)
Comunque, non tutti sanno che per il ruolo del Terminator non era previsto Schwarzenegger bensì un certo giocatore di footbal: O.J. Simpson. Se non è stato scelto è perché… ahem… non c’erano i soldi (opinione mia)!
Infatti, il film è costato tutto sommato poco (6,5 milioni di dollari) contro un incasso a livello mondiale di più di dieci volte tanto. Comunque, non ce lo vedo proprio O.J.Simpson a entrare in una stazione di polizia e fare una strage. Indovinate perché.
Infine non tutti lo sanno, ma la frase “I’ll be back” (“Tornerò”) viene detta già in questo film… ma l’adattamento del labiale ha imposto un cambio della battuta. Inoltre, c’è un piccolo cameo: il regista, James Cameron, lo trovate nella scena della pizzeria, in piedi accanto al telefono pubblico dove Sarah consulta l’elenco del telefono. Fossi stato in lui, sarei stato più attento a controllare la segretaria di edzione (ehi, a dov’è quando serve una continuità temporale? Mah!).