Premetto che sono sempre stato interessato a Lamu, per la sua leggerezza e la capacità di ribaltare i modelli culturali del Giappone. Tuttavia, quando ho visto Lamu Beautiful Dreamer l’ho trovato diverso dalle classiche puntate: dall’inquietante atmosfera per arrivare al tema, surreale, e al fatto che i personaggi hanno consapevolezza che c’è qualcosa che non va…
La trama di questo anime si dipana a partire da un evento normalissimo: la preparazione della festa scolastica da parte dei protagonisti dell’anime. A partire da quell’evento, tutti si ritrovano costretti a vivere continuamente la stessa giornata. In realtà, la storia fa riferimento al mito di Momotarō.
Questi, una volta cresciuto, lasciò la famiglia per andare ad affrontare gli oni, sorta di orchi che vivevano nell’isola di Onigashima; lungo la strada incontrò un cane, una scimmia e un fagiano, che accettarono di aiutarlo nella sua missione.
Insieme ai suoi amici animali, Momotarō penetrò nel forte di Ura, sconfisse il capo degli oni e sottrasse alle creature il prezioso bottino, grazie al quale la sua famiglia e i suoi nuovi amici poterono vivere per sempre negli agi, senza mai invecchiare e rivivendo sempre nello stesso modo, tutti i giorni, senza che mai cambiasse nulla.
Finito l’excursus nella cultura nipponica, riprendiamo la visione dell’anime nel quale si trovano tanto mistero quanto tristezza: abbastanza fuori tema, per il tono della serie televisiva, ma tutto sommato mai insolito per i protagonisti. In fondo, non sono le scene surreali ad aver reso famosa la serie?
La vera protagonista è la iperattiva Lamù, che è l’unica a trovarsi a proprio agio in questa pellicola.
Del resto, è come se il regista / sceneggiatore avesse voluto stimolare riflessioni sul confine tra realtà e sogno: è vero, abbiamo dei personaggi che richiamano l’opera originale, ma dietro la loro simpatia si nasconde l’ansia di sapere perché continuano a rivivere lo stesso giorno, perché il loro mondo è così limitato e spopolato, perché tornano sempre nel loro liceo e perché il liceo d’un tratto è cresciuto di un piano.
Anche se il loro tentativo sembra destinato a infrangersi contro l’apparente non sense della situazione, l’atmosfera rimane malinconica: i protagonisti cercano di divertirsi e distrarsi, in un mondo che sembra priva di uno scopo e, allo stesso tempo, consumarsi ogni giorno e ogni giorno perdere un pezzo, e un personaggio.
Vivono finte esistenze in un mondo finto, e reso ancor più finto a causa di questa situazione. Insomma, è una vera e propria opera d’arte filosofica: è un vero peccato che i fan giapponesi (e la stessa Rumiko Takahashi, l’autrice del manga) l’abbiano rinnegata!