Rick Deckard è in realtà un replicante, e ci vuole un replicante per acchiapparne un altro. Non credo sia una di quelle notizie che ti tengono sveglio la notte ma c’era da aspettarselo, mi direte. E no, dirò io, perché la maggior parte degli spettatori è ancora convinta di aver scelto liberamente, se crederlo replicante o umano.
Invece, vi siete mai accorti che Deckard non si sottopone mai. mai, mai, ma neanche per scherzo?!?!, a un test Voigt-Kampff per dimostrare che non è un replicante?
Inoltre, molti dei suoi comportamenti indicano l’assenza o comunque un basso livello di empatia: capisco che, se fossimo nei suoi panni, sarebbe più o meno come chiederci di avere empatia per un tostapane, ma tant’è.
Senza parlare del fatto che l’innesto di ricordi può arrivare a ingannare persino sulla profondità dei rapporti umani: non c’è bisogno che vi ricordi Atto di forza (quello con Swarzy e il taxi post Uber).
I ricordi potrebbero averli estratti da un altro cacciatore, per esempio da Holden, e Bryant poi sembra pienamente consapevole di tutta la situazione. Per catturare tutti gli altri fuggitivi, recita la sua parte: del resto, tutti i replicanti hanno un dossier che contiene la storia e i ricordi innestati. L’esempio è nel film stesso, quando Rachel si reca nell’appartamento di Deckard, e questi le fa capire di aver letto il suo dossier.
Non è che qualcuno può passarmi il dossier di Rick Deckard?
Infine, narra la leggenda (leggi: è scritto su wikipedia) che i produttori e Harrison Ford volevano che Deckard fosse umano, mentre lo sceneggiatore preferiva mantenere una certa ambiguità; Ridley Scott, invece, ha confermato che nella sua visione Deckard è un replicante.
Tipo che la sequenza onirica dell’unicorno, inserita dalla versione Director’s Cut, insieme all’origami lasciato da Gaff in forma di liocorno, è considerata una prova schiacciante.