Sto parlando di Alexander Neill e della sua scuola, la Summer Hill School.
La disciplina è lo strumento migliore per l’educazione?
Questa singola frase potrebbe riassumere tutto il libro. Più che un trattato di pedagogia, è un vero e proprio esempio di come sia possibile ingenerare nei bambini l’amore per la vita, che è alla base di una qualsiasi auto realizzazione, contrapposta a un’esistenza basata sulla paura, l’odio, la nevrosi.
Il libro di Alexander Neill, I ragazzi felici di Summerhill è l’antologia di due scritti diversi.
Il primo, intitolato “La scuola di Summerhill”, è un piccolo saggio descrittivo dell’esperienza dell’educatore nella scuola da lui stesso fondata. Il secondo, intitolato “L’educazione del bambino”, è più analitico e spiega alcuni meccanismi alla base del metodo pedagogico dell’autore.
Utile, anzi fondamentale, è stata l’introduzione redatta da Erich Fromm, che permette anche a chi non ha dimestichezza con la tematica pedagogica di avvicinarsi al testo e comprenderlo, attraverso una chiave di lettura molto chiara.
In breve: la scuola di Summerhill è una istituzione fondata nel 1921 a Dresda e trasferitasi nel 1927 a Leiston, nel Suffolk, a 160 kilometri da Londra. Alla base della decisione di fondare questo istituto vi sono considerazioni di tipo etico di contrasto alla mentalità coercitiva dell’epoca ma anche di critica nei confronti dei movimenti progressisti che già si andavano delineando.
Via con le danze… ma attenti a ballare secondo le regole. Lo strano è che la folla, accetta, in quanto folla, le stesse regole che i singoli individui possono essere unanimi nell’odiare.
Lo sviluppo economico, secondo Neill, ha facilitato un passaggio da una autorità coercitiva ad una anonima. La prima ha come suoi strumenti le punizioni corporali, l’imposizione di una disciplina e l’erogazione di sanzioni fisiche oppure economiche, e può funzionare solo in una organizzazione fortemente gerarchica, patriarcale. L’economia, avendo allargato la base delle persone che possono vivere senza essere soggetti a comando esterno, ha permesso di superare inizialmente questo quadro di insieme.
Purtroppo, per poter funzionare, l’economia ha bisogno di essere alimentata. Le persone non possono essere veramente libere, devono essere addestrate comunque a consumare, spendere e a far girare l’economia stessa. In pratica, il mezzo che diventa fine.
Ecco che allora alle punizioni fisiche si sostituiscono quelle psichiche, l’esser messo in disparte, la non accettazione da parte della maggioranza: dalla paura della frusta si passa alla paura dell’ostracismo, della non accettazione.
Neill si pone, rispetto a questa struttura, in una posizione di rottura.
Prima di tutto, parte dal presupposto che non si possa imporre alcunché, né in forma esplicita né implicita, senza danneggiare il bambino e la sua formazione.
Non la mera libertà di fare ciò che più ci piace, beninteso, ma quella libertà che nasce dall’interno dell’individuo. Non è un caso che a Summerhill la frequenza scolastica sia facoltativa e che le lezioni possano essere evitate anche per anni. Lo scopo di questa “mancanza di regole” è semplice: chi vuole studiare decide, in piena autonomia, di studiare.
La motivazione nasce da dentro, dalla capacità di capire che lo studio può essere piacevole se porta all’auto realizzazione in una direzione scelta.
Ritengo che lo scopo della vita sia la felicità, ed essere felici significa provare interesse per qualcosa. L’educazione dovrebbe preparare alla vita. In ciò la nostra cultura non ha avuto successo. La nostra educazione, la politica, l’economia portano alla guerra. Le nostre medicine non hanno vinto le malattie, la religione non ha abolito i furti e l’usura
Già da questo punto possiamo comprendere come il messaggio di Neill sia attualissimo. Soprattutto, come consideri la bontà innata un carattere essenziale di ogni individuo, considerando quindi la cattiveria come acquisita da una disciplina scorretta.
Se a qualche genitore questo punto può sembrare assurdo, perché a loro avviso un bambino senza disciplina non cresce bene, Neill porta la sua esperienza. I bambini che arrivano a Summerhill, i bambini “difficili”, sono quelli che approfittano subito di tutte le libertà concesse. Non frequentano le lezioni, non si adeguano alle norme decise di comune accordo. Però, non appena scoprono che non sono puniti per questo, che non vi è né giudizio né condanna, smettono di comportarsi male e iniziano volontariamente a seguire le lezioni, ad adeguarsi alle norme del comun vivere.
Il tempo di adattamento dipende, ovviamente, dalla forza della violenza con la quale la precedente disciplina è stata imposta.
E’ importante, in tal senso, tagliare i legami con la famiglia, perché è in seno ad essa che normalmente si trovano le cause della sofferenza del bambino.
Certo, esistono comunque delle norme: alcune dettate dal buonsenso, altre da una forma di autogoverno.
L’autore mette l’accento che la forma scelta per la formazione e revoca delle regole è quella dell’Assemblea Generale, una istituzione dove adulti e bambini sono allo stesso livello. Il fatto che non vi sia una gerarchia neanche nelle cariche di “coordinamento” dei lavori (i segretari e il presidente cambiano ad ogni riunione, e possono essere anche bambini) fa sì che le decisioni siano sentite come collettive e non personali.
Eventuali sanzioni per un comportamento scorretto non sono mai intese come punitive, anzi è più facile che ad un atto di odio non si risponda con una punizione. La poca aggressività dimostrata dagli studenti dell’istituto di Summerhill trova la sua logica nel ragionamento di Neill, che spiega che da una punizione nasce la paura di sbagliare, da questa l’ostilità per chi sbaglia e per noi stessi, e quindi l’ipocrisia o la violenza. Di cui il senso di colpa è figlio, proprio perché, per ritornare al discorso iniziale, non voce della coscienza bensì paura di disobbeddire al gruppo di appartenenza.
La conseguenza dello sperimentare la libertà è la sincerità, perché se non si ha paura di essere puniti non è necessario neanche essere ipocriti. Sincerità che si trasferisce anche in altre attività, come il teatro, dove è lo stesso Neill a constatare che il peggiore attore è chi recita anche nella vita, senza seguire il suo cuore.
Neill non è un nuovo profeta, e la sua esperienza, fatta soprattutto di sincerita e riconocimento dei suoi limiti, sta lì a dimostrarlo. In più occasioni spiega che non sempre il modello che ha adottato ha dato i frutti sperati. Alcune volte le sofferenze erano profonde, in altre alcune sedute di psicanalisi, tenute da lui stesso, hanno aiutato i bambini a sviscerare e risolvere le loro sofferenze. Alcune volte ha dovuto scegliere una via di compromesso, tra un completo sviluppo umano e un completo successo economico.
In particolare il passo che più mi ha colpito è stato questo:
Anche se odio i compromessi, devo accettarne uno e rendermi conto che il mio obiettivo principale non è quello di riformare la società, ma di rendere felici alcuni bambini.
Vedere le cose per quello che sono, e cambiarne qualcuna per quello che è possibile.
Un messaggio che questo libro mi ha lasciato forte nell’animo.